VOLPE G. Il popolo italiano nel primo anno della grande guerra

Riferimento: 9788853446046

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Testo inedito a cura di Eugenio Di Rienzo e Fabrizio Rudi

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A completare la trilogia dedicata da Gioacchino Volpe alla Grande Guerra (Il popolo italiano fra la pace e la guerra; Il popolo italiano nella Grande Guerra, Ottobre 1917dall’Isonzo al Piave) mancava il manoscritto inedito, Il popolo italiano nel primo anno della Grande Guerra, dove ritroviamo tutte le caratteristiche del Volpe storico del primo conflitto mondiale. In questo corposo saggio, il fuoco dell’indagine ancora più che sugli aspetti militari e diplomatici della grande contesa si concentra, infatti, sulla «storia civile,interna del popolo italiano durante la guerra», analizzata, a volte spietatamente, nelle sue tante debolezze (politiche, sociali, economiche, ideali) ma anche nell’indomito vigore e nella secolare capacità del nostro popolo di sopportare prove terribili e di lunga durata e, infine, di prevalere su di esse. Da questa visione, nascono le pagine, lucidissime ma appassionate de Il popolo italiano nel primo anno della Grande Guerra, dedicate al successo della mobilitazione industriale, al ruolo non secondario svolto in essa dal genere femminile, al fenomeno del vario volontariato militare, alla presenza rilevante della nostra emigrazione nello sforzo bellico, alla capacità della società civile in tutte le sue componenti (ceto imprenditoriale, classe dirigente, proletariato dei campi e delle fabbriche, media borghesia, intellettuali) di affiancarsi al popolo in grigioverde che lottava «per una più grande Italia» nelle trincee e sulle vette dolomitiche.

Gioacchino Volpe (Paganica, L’Aquila 1876 - Santarcangelo di Romagna 1971) è stato definito da Giuseppe Galasso il maggior storico italiano della prima metà del Novecento, per la sua capacità di abbracciare l’intera Storia d’Italia dalle sue origini in età medievale, tra XI e XIII secolo, fino al ventennio fascista. Con una formula sintetica si può, infatti, attribuire a Gioacchino Volpe il titolo di «storico della Nazione». Occorre però aggiungere che per Volpe la Nazione non si risolse mai nello Stato. La storiografia di Volpe è saldamente radicata, invece, sul primato della sfera sociale su quella politica. Questa interpretazione può apparire certo infondata perché è possibile dire che, per Volpe, come per il Churchill, autore della Storia dei popoli di lingua inglese, l’analisi del passato è fondato sulla convinzione che frontiere, etnie, guerre costituiscano le verità ultime e fondamentali del progredire umano, di fronte alle quali popoli, società, governi trovano la loro collocazione e la loro misura. Eppure, questa tendenza non esaurisce il senso più profondo del lavoro di Volpe, anzi lo depotenzia e lo limita profondamente. Per Volpe, infatti, la storia di una Nazione è in primo luogo «storia civile», che ha la sua genesi nella sua istintiva organizzazione sociale, poi economica, in seguito giuridica e infine politica. In questa tesi è certo presente la lezione di Otto von Gierke e di Pasquale Villari, per i quali la polarità tra Stato e società andava tutta risolta a favore del secondo termine, risiedendo la dimensione giuridica pubblica assai più nel corpo sociale che nell’architettura istituzionale ed essendo la costituzione politica una semplice conseguenza della dinamica associativa dei gruppi privati e di quanti tra quei gruppi furono in grado di meglio rappresentare gli spiriti vitali della stirpe.

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