In greco antico la gamma di sfumature di significato del termine νóμoς attiene alle riflessioni filosofiche sulle leggi degli uomini e alla loro rappresentazione in figure mitologiche e nelle tragedie.
In una prospettiva relativista tale termine indicava in primo luogo le “convenzioni” di comportamento sociale, diverse a seconda dei popoli, come testimoniato da Erodoto e sottolineato dai Sofisti con la distinzione fra νóμoς (leggi degli uomini) e φύσις (physis, leggi della natura). Ma contro l’arbitrarietà delle leggi umane (sfavorevole alla stabilità sociale) argomentava Platone, sostenendo l’opportunità di un processo di ragionamento che scoprisse l’immutabilità di norme di condotta morale che avrebbero poi dovuto tradursi in leggi specifiche.

Fubini riporta che: “il termine νóμoς nell’accezione musicale appare per la prima volta in un frammento del poeta Alcmane 2 , il quale si vanterebbe di conoscere i ‘νóμoς di tutti gli uccelli’, dal che si potrebbe dedurre che il termine νóμoς equivalga all’incirca a melodia o motivo o tema ” 3 . Fubini ritiene inoltre poco convincente l’interpretazione data da Aristotele in merito all’uso del termine νóμoς in ambito musicale, riportandone questo passo dai Problemi musicali : “«Perché i canti noti sotto il nome di νóμoς sono detti così? O non è perché gli uomini , prima che si conoscesse la scrittura cantavano le leggi - cioè appunto i νóμoς – per non dimenticarle come ancora fanno gli Agatirsi? Onde dei canti che usarono di poi, i primi si chiamarono col medesimo nome»” 4 Ma ancora oggi, dopo decenni di studi, l’effettiva connessione fra νóμoς e musica rimane sconosciuta, benché sia chiaramente deducibile da vari documenti che i nomoi musicali fossero norme convenzionali 5 . Peraltro, Platone, nelle Leggi (800a), sosteneva che gli inni avrebbero dovuto essere codificati come leggi, e che ciò non sarebbe dispiaciuto agli anziani che avevano dato il nome di νóμoς alle melodie per Kithara 6 . Nelle Leggi Platone spiega la differenza tra i vari tipi di canto corale, ossia gli inni (canti di preghiera agli dei), il peana (in onore di Apollo), il ditirambo (in onore di Dioniso) e infine i nomoi: “(…) Inoltre un’altra specie di canto chiamavano proprio con questo nome di “leggi” (νóμoς) come fosse diversa e le dicevano ‘canti citaredici’” 7 .
Anche lo Pseudo Plutarco, che è fra gli autori che riportano le informazioni più dettagliate sui nomoi, nel De Musica concorda con Platone nel ritenere che i nomoi più antichi fossero composti per la lira. Secondo Fubini: “…la legge musicale , infatti, trova modo di esprimersi nel modo più razionale proprio in questo strumento le cui corde sono già disposte secondo una determinata legge.” 8 Proprio a un compositore e suonatore di lira, Terpandro (VII sec. a.c.) 9 , viene infatti attribuito, nel De Musica , il merito di aver raccolto melodie tradizionali di varie regioni della Grecia, codificandole nei primi 7 nomoi, scritti per canto e lira, e dando loro un nome a seconda del luogo di origine, dell’impianto modale o ritmico, dell’uso rituale 10 . E sempre lo Pseudo Plutarco dà testimonianza delle rigorose norme convenzionali dei nomoi: “Non era permesso un tempo, in effetti, di praticare quest’arte come avviene oggi, cambiando di tono, passando da un ritmo ad un altro. Si rispettava per ogni νóμoς la tonalità che gli era propria. Per questo motivo, d’altronde, essi avevano il nome di νóμoς (leggi): erano stati chiamati così perché non era permesso di mutare l’accordatura di ogni corda, riconosciuta esatta per ognuno di essi”. 11 Dal De Musica dello Pseudo Plutarco e da altre fonti (tragedie, commedie, poemi di Eschilo, Euripide, Ateneo, Pindaro, Aristofane) 12 apprendiamo inoltre che i nomoi erano canti corali o brani strumentali e venivano infatti distinti in nomoi melodici, ritmici o strumentali. Alla categoria dei nomoi melodici venivano ascritti i canti degli uccelli, i canti sacrificali e i canti funebri. I canti corali potevano essere dedicati o meno agli Dei e le melodie erano composte in base a un particolare modo o scala e per un particolare timbro, venendo scritte per il registro alto, medio o basso della voce umana, e ad ognuno di essi si attribuiva un impatto emotivo di carattere specifico sull’ascoltatore. I nomoi ritmici si distinguevano per lo specifico carattere ritmico (ad esempio, trocaico o ionico). La terza categoria comprendeva i nomoi strumentali, distinti in nomoi citaredici, ossia per la lira, nomoi aulodici, ossia per canto e aulós 13 e nomoi auletici, ossia per solo aulós. Infine, vi erano nomoi associati a gruppi etnici, quali gli Eoli, i Beoti, i Frigi e a particolari modi (ad esempio il dorico e il lidio).

Come osserva Fubini 14 la questione del termine νóμoς applicato a composizioni musicali non è solo “(…) di carattere filologico (…). In realtà ci doveva essere un legame tra il significato letterale di νóμoς = legge e il significato musicale, ma proprio in questa relazione metaforica si può cogliere l’origine dell’etica musicale. (…) la nascita dei νóμoς (…) è legata alla nascita di una educazione musicale e ad un determinato ideale pedagogico che assegna alla musica una funzione etica”. 

Infatti la concezione dell’ethos musicale, sorta nell’ambito della scuola pitagorica (V sec. a.c.), quindi successivamente alla diffusione dei nomoi, riprendeva e sviluppava da questi ultimi l'idea di precise corrispondenze tra alcune componenti musicali (scalari, ritmiche, armoniche, timbriche) e determinati stati d’animo, ed ebbe convinti sostenitori in filosofi e scuole filosofiche, a partire da Platone. Tale concezione si è di fatto tramandata nei secoli ed è ravvisabile in tutte le teorie che hanno ipotizzato il potere della musica di influenzare l’animo umano, applicabile anche per finalità terapeutiche. E’ il pensiero contemporaneo che, tramite un rigoroso approccio clinico e multidisciplinare, ridefinisce e ricolloca tale potere del musicale all’interno della complessità delle funzioni psichiche e dei contesti socio-culturali e relazionali. Superata l’idea di poter scoprire o sfruttare processi lineari di causa-effetto dalla musica all’uomo, la Musicoterapia individua le proprie “leggi” elaborando l’esperienza, definendo gli oggetti della propria ricerca e accettando le sfide del confronto transdisciplinare.

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 Nel merito è spesso riportato il paragrafo 38 dal Libro III delle Storie di Erodoto 

2 fl. VII sec. a.c.

3 Enrico Fubini, L’estetica musicale dall’antichità al settecento , Einaudi, Torino 1976, p. 8

4 Aristotele, Problemi musicali a cura di Gerardo Marenghi, Sansoni, Firenze 1957 citato in Fubini, ivi, p. 9

5 cfr.: Steven L. Schweizer, Nomos, Music, and the Athenian Democracy , disponibile su: https://www.academia.edu/9981086/Nomos_Music_and_the_Athenian_Democracy

6 Schweizer, op. cit. , p. 16

7 Platone, Opere complete, vol VII (Leggi III 700-I) a cura di A. Zadro, Laterza, Bari 1971 citato in Fubini, op. cit ., p.10

8 Fubini, ivi , p.11

9 Giovanni Comotti, La musica nella cultura greca e romana vol. 1 parte prima. Parte di Storia della Musica a cura della Società Italiana di Musicologia, EDT, Torino 1979

10 v. anche: Dizionario della musica e dei musicisti , a cura di Alberto Basso, Il Lessico vol. III, UTET, Torino, 1984, voce Nomoi , p.329 

11 François Lasserre, Plutarque, De la musique , Olten, Lausanne 1954 citato in Fubini, op. cit., p.11

12 cfr.: Schweizer, op. cit. , pp.14-15

13 aerofono ad ancia

14 Fubini, op. cit ., pp. 9 -10

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